Da “Il Sole 24ORE” del 07/07/2015 – Buoni colleghi, buon lavoro. Se si esclude la retribuzione fissa, la prima leva per la scelta di un impiego sono le relazioni interpersonali con capi, colleghi e collaboratori. In altre parole, come ci si trova (e con chi) nella routine aziendale. Su indice da 1 a 10, il “voto” generale registrato da JobPricing è di 8,7: 8,8 per gli impiegati, 8,5 tra quadri e dirigenti. Un aumento di stipendio renderebbe digeribile qualsiasi rapporto? Non è detto. Anzi: proprio i dipendenti soddisfatti della retribuzione incassata sono più sensibili al clima aziendale. Più spinoso il nodo della meritocrazia interna: l’indice italiano è di appena 3,8/10, con una quota di quasi un dipendente su tre (il 31%) che non la ritiene “assolutamente applicata” sul suo luogo di lavoro.
Questione di prospettive. La seconda “leva” più rilevante nella scelta dell’impiego è data dalla somma di training e possibilità di carriera: formazione e crescita professionale, anche in ottica di inquadramento e bonus. «Si parla soprattutto di aggiornamenti e incremento dell’employability, la “occupabilità” del dipendente e le sue prospettive in un futuro al di fuori di quella particolare azienda» spiega Mario Vavassori, presidente di JobPricing. Il voto generale è di 8,6, con una – prevedibile – differenza tra il peso che le danno impiegati e manager: l’indice è pari a 8,8 per i dipendenti a inizio carriera e a “solo” 8,2 per i dirigenti già insediati ai vertici aziendali.
Lavorare meno, lavorare meglio. La quantità delle ore in ufficio equivale alla qualità delle consegne inviate? Non sembrano pensarla così i più di 1000 dipendenti intervistati da JobPricing: stipendio a parte, la flessibilità degli orari è il terzo criterio che influenza di più la scelta del lavoro. Il valore riconosciuto a una tabella di marcia più elastica si riflette in un indice di 7,4/10, con una forbice che spazia dal 7,3 degli impiegati al 7,6 dei dirigenti e al 7,8 dei quadri. Alle spalle, del resto, ci sono i numeri di un’Europa che conferma i benefici dello smart working: se in Italia si lavora una media di 36,8 ore per un tasso di produttività di 32, 2 euro l’ora, in Olanda si accorcia il monte orario (30 ore) e alza lo standard di produzione (45,8 euro). Secondo Vavassori, «si sta facendo largo lo smart working, che non è altro che la possibilità di avere una maggiore flessibilità esecutiva. In altre parole: utilizzare le risorse in maniera più flessibile».
Individuale o aziendale? Dipende dalla carica. La retribuzione variabile è uno dei quattro fattori più rilevanti nella scelta di un impiego, con le differenze del caso a seconda dell’inquadramento. I bonus individuali sono guardati con attenzione da dirigenti (8,5) e quadri (7,8), molto meno dagli impiegati (7,2). Viceversa la retribuzione variabile aziendale – come il contratto di secondo livello – è decisiva per impiegati (6,5) e quadri (6,1) ma tutto sommato trascurabile per i manager (5,2). Come spiega Vavassori, «è chiaro che i manager partono da una certa capacità negoziale e possono giocarsi determinati bonus. Al contrario, gli impiegati sanno di partire da posizioni di maggior debolezza e si rivolgono ai contratti di II livello per ottenere qualcosa in più». Quel “qualcosa in più” si fa vedere quando il pacchetto retributivo è al di sotto delle aspettative: chi non è soddisfatto del suo stipendio gli assegna un valore di 6,3, contro una media di 4,9.
Benefit, questi sconosciuti. Il work-life balance, l’equilibrio tra vita e lavoro, assume un valore generale di 7,4 su 10 agli occhi dei più di 1000 intervistati da JobPricing. Una proporzione sana tra ore in ufficio e ore di “libertà” è reclamata soprattutto dai quadri (7,8), seguiti da dirigenti (7,6) e impiegati (7,3). Quanto ai servizi a disposizione, la richiesta cambia con tipologia di lavoratore: dall’auto aziendale agli asili nido interni per i neogenitori.
Va bene la passione, ma la vita d’ufficio incide. Nel bene e nel male. Secondo i dipendenti intervistati da JobPricing, l’ambiente di lavoro – dalla location all’arredamento interno – assume un valore generale di 7 su 10 nella scelta di un impiego. Impiegati e quadri confermano il voto, i dirigenti si “accontentano” più della media: la valutazione generale è di 6,8 su 10.
n fondo alla lista, i premi non monetari: dai tablet ai viaggi, dai buoni benzina allo smartphone. Nell’era dell’iperconnessione, i gadget – soprattutto tecnologici – sono tra gli ultimi elementi di attrazione in azienda: il valore generale è di 4,5/10, con un rilievo anche più modesto per i dirigenti (4,1).
di Alberto Magnani – Il Sole 24 Ore