Il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio ha varato in via definitiva i primi due Decreti attuativi del Jobs Act, riscrivendo lo Statuto dei Lavoratori e l’articolo 2103 del Codice Civile sulle mansioni lavorative. Approvati poi in via preliminare i Decreti contenenti il riordino dei contratti e le disposizioni in materia di conciliazione vita-lavoro.
Per quanto riguarda il demansionamento, è stato modificato l’art. 2103 del Codice Civile, dove viene riscritto un comma.
L’articolo ante modifica recitava così:
“Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo”
Ecco cosa dice il decreto attuativo.
“L’articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente: «Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore. Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni. Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore possono essere previste da contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nelle ipotesi di cui al secondo e quarto comma, il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa. Nelle sedi di cui all’articolo 2113, ultimo comma, o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi. Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e quarto comma e fermo quanto disposto al sesto comma, ogni patto contrario è nullo“.
Intanto, si passa dal concetto di equivalenza delle mansioni a quello di mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento.
Ma che differenza fa?
Mansione equivalente
Secondo la precedente norma, due mansioni si intendevano equivalenti qualora consentissero l’utilizzo ed il perfezionamento di nozioni, esperienza e perizia già acquisite. Non bastava semplicemente rimanere nello stesso inquadramento, ma al lavoratore dovevano essere assegnate mansioni equivalenti per contenuto, natura, modalità di esecuzione, esperienza, competenza tecnica e livello professionale. Il nuovo riferimento “a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento” dovrebbe invece fare riferimento unicamente alla classificazione del personale operata dai contratti collettivi. Ma allo stesso livello di inquadramento possono corrispondere mansioni anche molto diverse! L’articolo così modificato rende quindi più flessibile l’assegnazione delle mansioni e l’utilizzo dei dipendenti.
ATTENZIONE
Una chicca sulla formazione: generosamente la si prevede in caso di nuove mansioni in precedenza sconosciute, ma l’obbligo formativo è un falso, perché il suo mancato adempimento non determina affatto la nullità della nuova assegnazione. Converrà comunque far sempre presente, per iscritto, di non aver ricevuto l’adeguata formazione per le nuove mansioni. Non servirà magari ad annullare alcunché, ma si mettono le mani avanti rispetto a valutazioni negative sulla prestazioni professionali (altamente possibili in una mansione che non si conosce e per cui non vengono forniti i necessari insegnamenti!)
Fin qui, non si sta ancora parlando di demansionamento vero e proprio…
Va detto che, anche prima del Jobs Act, il demansionamento non era proprio un perfetto sconosciuto. Era possibile ma in casi molto specifici, sostanzialmente era il male minore che si sceglieva per salvare un posto di lavoro. Ad esempio: se era stata del tutto soppressa una mansione oppure se per motivi di salute il dipendente non poteva più essere adibito alla mansione per la quale era stato assunto. In questi casi, era (è) sicuramente preferibile perdere un livello piuttosto che perdere il lavoro. Ovviamente era necessario l’accordo dell’interessato, e la formalizzazione avveniva presso la Direzione Territoriale del Lavoro dove, se voleva, il lavoratore poteva farsi assistere da un rappresentante sindacale. Non era raro che, in tale sede, si riuscisse anche a strappare un ‘ad personam’ pari alla differenza di retribuzione. Ad personam naturalmente assorbibile in caso di futuri aumenti ma, almeno in una prima fase, il lavoratore non aveva diminuzione di stipendio.
Dopo il Jobs act
- La possibilità di demansionamento (o rimansionamento, come preferiscono chiamarlo a Palazzo Chigi), in precedenza ammessa solo in casi specifici, è concessa oggi in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore. I termini usati sono abbastanza vaghi da voler dire tutto e niente. A discrezione dell’azienda? Parrebbe di sì.
- Si prevedono addirittura ulteriori possibilità, se ciò viene previsto dai contratti collettivi anche aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In tali ipotesi il lavoratore può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché venga conservato il precedente trattamento retributivo, con eccezione degli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.
ATTENZIONE
La dizione associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale’ non mette al riparo da eventuali accordi separati (senza la Cgil). Purtroppo questo avviene sempre quando c’è questa formulazione, che è molto frequente. Ed è significativo che la contrattazione con il sindacato entri in gioco solo quando si tratta di derogare in pejus.
Casi particolari di demansionamento possono essere previsti perfino dalla contrattazione aziendale, dove non sempre la forza sindacale è adeguata a reggere forti pressioni padronali.
Lo stipendio resta immutato per quanto riguarda la paga tabellare, ma ci potrebbero essere elementi della retribuzione (es.indennità) che vengono tagliati.
È inoltre possibile contrattare individualmente con il dipendente (in sede protetta, quindi attraverso una specifica procedura) la modifica delle mansioni e del livello di inquadramento (e di retribuzione), purché ‘nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita’.
ATTENZIONE
Nelle sedi protette (Direzioni Territoriali del Lavoro, Commissioni di Certificazione, Enti Bilaterali, ecc.ecc.) in genere il sindacato può essere presente e tutelante.
Qui si parla chiaramente di abbassamento della retribuzione.
La salvaguardia del posto di lavoro era una fattispecie già prevista, le altre due spalancano praterie ad azioni di mobbing. Esempio: ti prospetto un trasferimento a 200 km, che ritirerò se accetti un inquadramento inferiore. Fa parte del ‘miglioramento delle condizioni di vita’?
Passaggio a livelli superiori
Diventa più lento il passaggio a un livello più alto: l’assegnazione a una mansione superiore diventa definitiva dopo sei mesi di lavoro in quell’attività e non più dopo tre mesi.
ATTENZIONE
Viene inserita una clausola “salvo diversa volontà del lavoratore”, assai ambigua.
Ricordiamo che la Giurisprudenza punisce l’illegittimo cumulo di brevi assegnazioni a mansioni superiori, mirate ad eludere la normativa. Ovviamente, occorre poter dimostrare la malafede e l’intenzione di eludere.
Mobbing?
Il fatto che il demansionamento sia diventato lecito (almeno in determinate condizioni) non impedisce di valutare se ci si sta trovando di fronte ad azioni di mobbing. Occorre tuttavia valutare con molta prudenza il caso, sapendo che è necessario dimostrare l’intento persecutorio messo in atto dall’azienda nel disporre la nuova assegnazione del dipendente.
A cura Dipartimento Mercato del Lavoro Fisac Cgil Torino e Piemonte – Luisa Rasero