Da sinistra Carlo Demartini (Amm. Delegato Gruppo C.R.Asti), Mauro Tenti (Intesasanpolo, Resp. Commerciale Imprese), Giacomo Sturniolo (Segr. Gen. Fisac Torino e Piemonte), Marcello Minenna (Univ. Bocconi), Antonino Megale (Segr. Gen. Fisac Naz.), Enrica Valfré (Cgil Reg.), Davide Riccardi (ISFR* Lab).
TORINO – Se lo sono chiesti ieri Antonino Megale e Giacomo Sturniolo, rispettivamente alla guida Nazionale e Regionale dei bancari Cgil, che hanno gestito un interessante dibattito tra il sindacato, l’ambiente universitario e il mondo delle banche. Il tutto è partito dalla presentazione dell’ISRF* Lab – a cura di Davide Riccardi – del Manifesto della Buona Finanza. Sette proposte che se fossero state adottate prima avrebbero probabilmente evitato tutte le difficoltà economiche che il nostro Paese sta sopportando dallo scoppio della crisi del 2008.
LE PROPOSTE FISAC/CGIL
1 – Completare l’unione bancaria europea, revisione del Bail in e degli stress test con valutazione dei derivati.
2 – Nuovo modello di banca al servizio del paese per dare credito all’economia reale: bad bank per liberare risorse, separazione tra banca commerciale e banca d’affari e nuovo modello di banca (proposto unitariamente da tutti i sindacati del credito).
3 – Difendere l’occupazione confermando le modalità sin qui utilizzate nel settore e nei gruppi: utilizzo volontario del fondo e piani di assunzione dei giovani.
4 – Contrasto alle politiche commerciali indebite per costruire un protocollo tra le parti su vendite sostenibili e organizzazione del lavoro. Codici etici di condotta e contrattazione di tutto il salario, superando gli incentivi alla vendita unilaterali, valorizzando le esperienze già fatte nei gruppi a partire da ISP, Unicredit e MPS.
5 – La CONSOB si è dimostrata inadeguata e deve ripristinare gli scenari probabilistici. Black list di alcuni prodotti finanziari ad alto rischio (no obbligazioni subordinate a famiglie e pensionati) e semplificazione delle informazioni alla clientela nell’ambito delle regole europee.
6 – Per quanto riguarda Banca d’Italia vanno superati alcuni limiti, confermandone il ruolo vanno attribuiti ulteriori poteri: rimozione dei vertici delle banche. Si deve intervenire su governance e partecipazione nelle banche.
7 – Favorire la legalità: più moneta elettronica e meno contante; l’equità: riduzione dei compensi percepiti dal top management.
GLI INTERVENTI
Giacomo Sturniolo (Fisac Reg.) ha spiegato le ragioni della stesura del Manifesto. E’ dal 1997 che iniziano le difficoltà dell’attuale fase economica, anno in cui prende vita il Patto di Stabilità, per intenderci i famosi parametri da rispettare, 3% deficit/PIL e 60% del debito pubblico/PIL. Oggi quest’ultimo è al 134%, quindi la ricetta non ha funzionato.
Marcello Minenna (Univ. Bocconi) ha fatto un lungo escursus sulle politiche economiche europee. Ha spiegato come la moneta unica avrebbe dovuto far convergere le politiche economiche dei Paesi europei, soprattutto su due dati: l’inflazione e il costo del denaro. La crisi del 2008 fece fallire per prima una banca tedesca (la IKB) e la cancelliera Merkel impose alla BCE che ogni Stato dovesse far da sé. Questo comportò che il costo del denaro e l’inflazione si diversificassero in ciascuno dei Paesi membri. Da qui lo spread e l’attacco speculativo agli Stati più deboli: Italia, Spagna, Portogallo e soprattutto Grecia. Si fece esattamente il contrario di quello che fece Bernanke con la Federal Reserve negli USA. Il risk sharing in Europa non ci fu ed è proprio ciò che invece dovrebbe imporre la BCE. Nel 2013, dopo che la Germania e la Francia hanno salvato le proprie banche, viene imposto a tutti gli altri che le banche avrebbero dovuto finanziarsi con azioni e obbligazioni subordinate. Nel frattempo la Federal Reserve americana ha comprato 2.000 mld $ di titoli di stato e 2.000 mld $ di titoli strutturati (ex subprime), trasformandosi di fatto in una bad bank. La BCE, dice Minenna, è invece come una Ferrari tenuta in garage! Il tutto condito dalla distorsione che ormai l’economia finanziaria ha raggiunto un volume pari a 10 volte quella reale.
Mauro Tenti (Intesasanpaolo) ha poi evidenziato come nonostante il contesto sfavorevole molte imprese italiane siano state capaci di innovare e di intraprendere percorsi virtuosi. Le imprese lamentano spesso il peso della burocrazia; le banche possono aiutarle anche in modo non tradizionale, anche attraverso la consulenza per l’internazionalizzazione, la formazione diretta, la considerazione delle filiere nella cessione del credito e una piattaforma a disposizione di clienti che offrono e che richiedono innovazione. Tenti ricorda che non in tutte le aziende di credito si praticano le pressioni commerciali indebite. In più, Intesasanpaolo ha ripreso ad erogare mutui, la volontà ad erogare c’è.
Carlo Demartini (C.R.Asti) ha posto l’accento, molto pragmatico, sul “che fare”, dato il contesto sfavorevole. I principi espressi dal Manifesto della Fisac sono in larga parte condivisibili. Un gruppo come quello astigiano li persegue naturalmente, essendo ancora una banca locale. Ritiene che occorra mantenere sempre presente che una banca debba tutelare il risparmio, anche sotto il profilo degli impieghi. Certo, le banche che non fanno impieghi vengono considerate meno a rischio rispetto ad una banca tradizionale. Insiste che una banca è principalmente un’impresa, con doveri particolari e deve avere un’ottica di medio e lungo termine. Demartini, pur avendo coscienza di dover stabilire degli obiettivi di produzione, non è d’accordo col forzare i clienti ad acquistare i prodotti. Rispetto alla distinzione tra banca commerciale e banca d’affari invita la Fisac a fare una distinzione più precisa, per non confonderle con le distinzioni superate del passato e specificando meglio cosa si intende per attività finanziaria, che oggi è comunque indispensabile per garantire un equilibrio di bilancio in tempo di tassi a zero. Inoltre il banchiere astigiano non considera le obbligazioni subordinate più pericolose di altri tipo di investimento (es. le azioni), è il controllo che diventa decisivo. Infine invita il sindacato ad analizzare anche come potrebbe cambiare nel prossimo futuro il lavoro in banca, visto che cambiano le abitudini dei clienti attraverso l’utilizzo di tablet e smartphone e dovrebbe adeguarsi di conseguenza l’organizzazione aziendale.
Enrica Valfrè (Cgil Reg.le) fa un triste affresco della desertificazione industriale e delle piccole imprese, con relativa perdita di posti di lavoro. La Segretaria Generale della Cgil Piemonte chiede che le banche spostino le loro attenzioni più sull’economia reale attraverso un progetto complessivo. Ha ricordato che il Manifesto si esprime su 4 direttrici fondamentali: proposte per la tutela del risparmio dei cittadini (trasparenza, black list, pressioni commerciali), tutela dei lavoratori nei casi di ristrutturazione, accesso al credito delle imprese (costo del credito) e il riordino delle attività di vigilanza (Consob deve rimisurare il rischio degli investimenti).
Agostino Megale (Fisac Naz.le) ha ricordato come la politica del credito sia sempre stata poco interrogata dal sindacato e che se dal 2008 al 2016 le ricette utilizzate a livello europeo e nazionale non hanno funzionato, allora occorra sperimentare soluzioni diverse, come quelle che Fisac e Cgil hanno indicato nel Manifesto. La questione bancaria – rileva – è quella cruciale e va affrontata concretamente; Megale ricorda come già anni fa Comune di Torino, Regione Piemonte e addirittura Ministero del Tesoro avessero fatto maldestramente ricorso ai derivati, tanto che – con gli stessi soldi – si sarebbe potuta finanziare quella flessibilità pensionistica che ora si chiede al Governo. Intesasanpaolo già dal 2010 vende le obbligazioni subordinate solo agli investitori istituzionali e ora Ubi si è impegnata a riacquistarne la metà dai clienti. Poi Megale lancia una dura stoccata a Vegas che guida la Consob: lo accusa di aver chiuso un ufficio di basilare importanza strategica per la difesa del risparmio, quello degli Scenari Probabilistici e di non aver preso altre decisioni importati di controllo. Poi il Segretario Nazionale affronta il tema delle pressioni commerciali, che esulano dalla bontà del prodotto finanziario in sé. Propone un accordo nazionale con la controparte datoriale che, partendo dai dati reali di bilancio degli istituti di credito, trovi delle modalità regolate efficacemente sulla vendita dei prodotti, anche per non far ritornare il “cottimismo” degli anni ’70 nei confronti dei lavoratori. Questo si può fare con regole scritte ben precise, alle quali devono sottostare anche i singoli dirigenti, anche attraverso sanzioni specifiche. Megale poi invita il collega Giulio Romani (First/Cisl) a continuare sullo strumento del Fondo di Solidarietà di categoria, anziché chiedere al Governo ammortizzatori sociali non finanziabili dalle casse pubbliche. Infine rilancia sulla previdenza: se si vuole evitare di avere dei futuri pensionati poveri, occorre arrivare ad una contribuzione complementare dell’8%.
(*) Istituto Studi Ricerca e Formazione Lavoro Assicurazioni e Banche della Fisac Cgil Nazionale